|
Quercianella: elementi per una storia del territorio.
(a cura di Giovanni Manco)
Parte quarta
Le due fasi dell'espansione insediativa: dagli inizi del '900 alla fine degli anni '30; dal dopoguerra ad oggi.
1. Caratteri generali.
Quercianella ha vissuto, fino al secondo dopoguerra, una lunga fase di edificazione spontanea, libera da qualsivoglia progetto complessivo, che seguiva la progressiva, lenta edificabilità di parti delle proprietà fondiarie, ad uso agricolo, inizialmente in proprietà di poche famiglie, Sonnino, Orlando, Gower, Paolieri, Lami, cui si deve il merito, nei primi decenni del '900, della scoperta e valorizzazione della vocazione turistico-balneare di Quercianella, e quindi della sua nascita come piccola centro abitato. Vocazione che impose, di conseguenza, l'edificazione di una tipologia edilizia da villeggiatura benestante, la cui ricognizione sarebbe, peraltro, auspicabile per uno specifico studio di storia dell'architettura.
Purtroppo, per i motivi già accennati, non abbiamo ancora la serie storica dei necessari dati demografici sull'intero '900, tanto meno disaggregati, come sarebbe stato utile almeno tra popolazione residente e quella presente durante la villeggiatura estiva, comunque limitata dalla ricettività delle pensioni, istituti religiosi, case di proprietà. Dati difficilmente acquisibili anche in futuro, se non attraverso l'archivio parrocchiale, perché l'Ufficio Anagrafe del Comune ha un unico registro di stato civile non suddiviso per quartieri - l'unica suddivisione esistente è per circoscrizione amministrativa e anche a tal fine Quercianella fa parte della circoscrizione n.5 insieme ad Antignano - e non utilizzabile per ricerche settoriali più mirate. Ma anche perché ad oggi mancano studi statistici riferiti alla popolazione di Quercianella che, sia pure con immane sforzo di estrapolazione, dai censimenti derivassero i dati richiesti, che comunque partono solo dal 1931 e non sono disponibili in linea nello sito dell'Istat.
In mancanza di questi dati, necessari alla conoscenza storica, ma anche di raffronto tra alcune serie statistiche, specie quelle relative alle diverse forme di impatto territoriale (infrastrutturale e di servizi) ed ambientale, o relative alla media delle presenze giornaliere durante la stagione estiva, non è possibile se non empiricamente prospettare ipotesi con documentazioni indirette.
Una prima fese espansiva che ha seguìto, come vedremo, una direttrice più pregiata, quella lungo costa, verso sud, cioè verso Chioma, compressa nel laccio del tracciato ferroviario, e a nord verso Sonnino sull'area già di proprietà dei Gower. E una seconda direttrice lungo un Aurelia urbana nel primo anteguerra ancora sterrata e arcaicamente priva di traffico automobilistico, con alcune brevi propaggini viarie verso la collina, via Falcucci e via K.Parodi.
Uno sviluppo edilizio che ebbe come centro radiale la prima stazione ferroviaria dalla quale si irradiava lungo gli spazi disponibili, più funzionalmente utilizzabili per il turismo estivo, cioè a mare, e, come confine a monte, il tracciato stesso della ferrovia.
Dal secondo dopoguerra è iniziata una seconda, diversa fase di espansione edilizia regolata dal PRG del Comune di Livorno, deliberato dal Comune nel 1958. Tuttavia, il PRG di Livorno, dopo quello del '38, nacque per regolare lo sviluppo e, in grave ritardo (a causa del lungo iter tecnico e politico) la ricostruzione bellica della città distrutta dai bombardamenti alleati della seconda guerra mondiale (del 1943-44), e a causa di ciò fu, ovviamente, "disattento" verso un'area, come quella di Quercianella, per fortuna non toccata dalla guerra, e distante in ogni senso. Un'area che, destinata a stazione turistico-balneare, veniva ad incrementare insediamenti abitativi per vacanza quasi esclusivamente di proprietà di una classe sociale ideologicamente estranea alla nuova classe dirigente della città; cioè, ad una amministrazione di sinistra che, anche culturalmente, non considerò Quercianella legata allo sviluppo economico-sociale della città.
Riprese allora quel "movimentismo" della popolazione che dette vita a diversi Comitati di protesta, visto che i problemi di Quercianella, sempre più "quartiere" di Livorno ma assai lontano, rimanevano disattesi da una Amministrazione che ancora ne ignorava, oltre i bisogni, i pregi da tutelare e valorizzare. Una popolazione residente, invece, rimasta numericamente esigua e socialmente diversa da quella che affluiva d'estate, e fatta da impiegati della Pubblica Amministrazione, da pochi operai e artigiani, in gran parte costretti al pendolarismo, oltreché da pochi esercenti il commercio, e che, ciononostante, rimase anch'essa, per risentimento, ostile all'amministrazione del Comune e della Provincia. Non a caso alle iniziative di protesta partecipò anche colui che per 40 anni svolse il compito di segretario locale del PCI.
Anche le ultime modifiche apportate al PRG, divenuto strumento "strutturale" dello sviluppo socioeconomico dell'intera area comunale, ha solo sfiorato Quercianella; ed anzi ha inserito, nonostante il precedente delle due già citate e molto chiacchierate lottizzazioni, quella Massini del 1968, quella Mancioli del 1970, e quella Befani del '75 a Chioma, la pericolosa novità dell'aumento dell'indice di fabbricabilità.
Quercianella, dopo circa un secolo di sviluppo di tipologia edilizia "orizzontale", a villetta, regolato e soggetto, soltanto a partire dal dopoguerra col primo PRG, da ristretti indici di fabbricabilità - decrescente nelle zone periferiche rispetto al centro urbano, posto tra 1,8 e 1,6 a metro cubo per metro quadrato (v. Lando Bortolotti, "Livorno dal 1748 al 1958 Profilo storico urbanistico" Leo Olschki Editore, Firenze, 1970 pag.376) - oggi, una volta esaurita ogni area edificabile e parzialmente riconvertita ad una funzione abitativo-residenziale dei molti pendolari verso nord e verso sud, rischia di assistere impotente ad uno sviluppo in verticale. Le sopraelevazioni sono già iniziate. La caratteristica delle strutture edilizie, quali rese possibili dagli attuali indici di fabbricabilità, di villini residenziali per la villeggiatura, sta già subendo gli inevitabili contraccolpi di una pressione di tipologia edilizia di tipo urbano, a condominio, più legato ai caratteri speculativi dell'attuale fase del mercato edilizio.
2. Storia dei principali insediamenti.
Nel quadro generale ove abbiamo cercato di collocare e definire i caratteri strutturali e i dati del sistema infrastrutturale del sistema entro cui è nata Quercianella, i motivi di tanto ritardo, ma anche i pregi che esso svela - per quanto la sua attuale vocazione turistico-balneare a noi sembri incapace di dispiegarsi compiutamente finché non si coniughi complementarmente col bosco - gli stretti legami tra il passato, il presente e il futuro, si colloca il diverso e più specifico quadro della sua crescita edilizia.
Ciascuno può dividere tale quadro secondo i tanti criteri classificatori, per epoche storiche, per stile, per normativa regolatrice, o altro; a noi qui preme solo farne comprendere il carattere predominante, i dati salienti, i fattori generativi e propulsivi di un'esperienza che, ovviamente, presenta anche la diversa veste del particolare, fino al personale e privato. Di ciò non faremo dunque un lavoro ricostruttivo completo; questo sarebbe possibile solo ricorrendo ad una ricerca esaustiva presso il catasto storico, anche casa per casa. Ad altri diamo il testimone di tanta fatica.
2.1. Romito e Sonnino.
Castel Sonnino, da tutti più familiarmente nominato Romito a testimonianza di quanto i toponimi - questo è uno dei tanti derivati da sedi religiose - spesso rivelino una invincibile resistenza nella cultura e nella tradizione, persino oltre la memoria consapevole della loro genesi; è il "logo" della pubblicità del turismo di Quercianella, quando non di Livorno. L'emblema, il simbolo di una bellezza naturale e paesistica non comune, ma strettamente legato al nome di questo statista, livornese d'adozione. Non possiamo non iniziare da lui con alcune notazioni biografiche.
Sidney Sonnino, nacque a Pisa l'11 marzo 1847; gli fu dato il nome di Sidney per ricordare il fiero repubblicano inglese avversario di O. Cromwell. Il padre barone Isacco Sonnino, livornese era andato giovanissimo in Egitto dove aveva sposato Giorgina Terry, conosciuta nella casa del console inglese, ma, costretto a tornare a Livorno, andò ad abitare in via di Colline, detta via di Salviano. Sidney andò a studiare a Firenze dove si laureò in legge nel 1865. Vinse il concorso al ministero degli esteri da cui viene inviato a Madrid, poi a Vienna, a Berlino, poi a S. Pietroburgo, la cui sede egli, però, non accetta tanto da essere indotto nel 1873 alle dimissioni. Nel 1893 entra come ministro delle Finanze e del Tesoro nel primo gabinetto Crispi. Fu presidente del Consiglio due volte: la prima per 108 giorni, dall'8 febbraio al 27 maggio 1906; la seconda, per 110 giorni, dall'11 dicembre 1909 al 31 marzo 1910. Fu poi ministro degli esteri e come tale partecipò alla conferenza di pace di Versailles del 1918.
D'indole silenziosa e taciturna coltivò la passione per lo studio che sopravanzava quello per la politica; possedeva due biblioteche, una a Roma con una ricca collezione di opere di Dante (che legò alla casa di Dante di Roma, promuovendo delle conferenze sull'esempio della Lectura Dantis fiorentina) e una nella batteria del castello del Romito. Di quest'ultima sarebbe, peraltro, interessante ricostruire la storia. Accanto alla batteria medicea egli costruì una torre e un edificio più basso per farne una dimora estiva e autunnale. Al castello aggiunse il porticciolo a riparo dal libeccio (da "La strenna dei livornesi '83", a cura di Vittorio Marchi, Ed. Nuova Fortezza 1983, pag.151).
Passava il tempo a studiare; verso sera si concedeva una passeggiata o una gita in barca. Ai pochi ospiti faceva vedere dove voleva essere sepolto, nel dirupo accanto alle grotte dei romiti. Così avvenne, alla sua morte nel 1922. Della morte, del trasporto dalla stazione di Livorno e della sepoltura, e delle personalità presenti, dà ampia documentazione giornalistica e fotografica il libro di Ciompi a pag.29 (op.cit.)
Castel Sonnino è dunque strettamente legato sia alle grotte degli eremiti o romiti, sia alla torre difensiva medicea di cui si è già fatto cenno.
Qui nelle grotte trovarono un luogo di raccoglimento alcuni religiosi semplici, appartenenti all'ordine dei Gesuati, per il loro continuo invocare Gesù, fondato agli inizi del '400 dal senese Giovanni Colombini (v. V. Marchi, op. cit. pag. 250). Non diversamente, sopra la cava di Calignaia verso il Castellaccio, ebbe sede un eremo di monache, di cui oggi non restano che pochi ruderi, che dette nome al vicino poggio, "Le Monachine", mt.209.
Calando da Montenero, luogo impervio e isolato dove nel 1442 occupavano l'oratorio di S. Maria delle Grazie costruito dai francescani circa un secolo prima (venendo dalla Sambuca dove nel 1375 già vivevano) e che ampliarono nel 1575, i romiti frequentarono le grotte come luogo di ritiro spirituale. Di tale permanenza, ovviamente dato il loro tenore di vita, non è mai stata trovata alcuna traccia. Agli inizi del '600, essi costruirono sul Romito una cappellina. Nel 1688 Clemente IX soppresse l'ordine per sospetta eresia e il Romito fu abbandonato dai religiosi che furono sostituiti al santuario di Montenero dai Teatini e successivamente dai Vallombrosani che ancor oggi custodiscono il santuario.
Nel 1709 Cosimo III fece innalzare una torre quadrata a tre piani, circondata da poste, e una batteria per spingarde e cannoncini, ritenuta inaccessibile ai corsari anche col mare calmo (v. Italo Baggiossi "Le torri costiere della Toscana" Newton Compton Editori 1988, pag.116) fu invece conquistata dai francesi nel 1798.
La fortezza, detta di S.Salvatore perché era collegata con la omonima chiesa ubicata al Castellaccio, nella "Carta geometrica della Toscana ricavata dal vero nella proporzione di 1 a 200,000 e dedicata a S.A.I. e R. Leopoldo II, Principe Imper.le d'Austria, Principe Reale d'Ungheria e di Boemia, Arciduca d'Austria, Granduca di Toscana,e.ec.ec., dal suo ossequiosissimo Servo e Suddito Giovanni Inghirami delle Scuole Pie Firenze 1850", viene chiamata Torre del Romito.
La torre, nel 1865, fu venduta dal demanio ai Peruzzi di Firenze per poi passare nelle mani di Sonnino, ma non sappiamo in quale anno, né quando terminarono i lavori di ristrutturazione della torre medicea in castello.
Nel 1893, Sonnino fu ministro delle finanze e del tesoro, e grazie alla politica delle lesine, dopo quella spendacciona di Giolitti, godette dei favori del Re Umberto tanto che questi, per gratitudine, si disse con malignità, favorì sia la costruzione della ferrovia e della stazione, sia del porticciolo sul demanio marittimo. A Sonnino, comunque, malignità a parte, si deve, in gran parte, il merito della costruzione della ferrovia Livorno Cecina e della stazione di Quercianella a lui poi cointitolata. Tuttavia, nonostante l'avvenuta costruzione della vicina stazione, si racconta che il barone si facesse fermare il treno all'uscita della galleria del Romito, nei pressi della casa cantoniera, e qui sceso si facesse portare al castello dall'autista che lo aspettava.
Il castello negli anni '90, a causa dell'indecisione degli enti locali interessati in un primo momento ad acquistarlo, passò in mano di privati. Della ricca biblioteca che Sonnino aveva al Romito non siamo riusciti a sapere quale sia stata la sorte.
Si può anche dire che Quercianella, al di là dei pochi edifici di fine '800, nascesse e si sviluppasse, diventando presto celebre, ai primi del '900, subito dopo la costruzione del castello da parte di Sonnino, suo primo e più famoso "concittadino" - al quale, peraltro, la comunità non ha, ad oggi, proposto di dedicare alcuna iniziativa storico-culturale che, con il rendergli il dovuto riconoscimento, potesse anche svolgere una funzione promozionale della località - e quasi contemporaneamente all'intuito e alla intraprendente iniziativa di alcuni "esploratori" che ebbero l'idea di valorizzarla come centro di villeggiatura marina.
2.2. Gli stabilimenti balneari.
2.2.1. Genesi del bagno marino a Livorno: il modello per Quercianella.
Cosa sia la talassoterapia associata all'elioterapia è noto a tutti; meno noto quale ruolo ha avuto nella storia di Quercianella. Tanti bambini affetti da tubercolosi e rachitismo trovarono in Barellai, medico fiorentino vissuto nella seconda metà dell'800, colui che li condusse dal chiuso, insalubre dell'ospedale di S.Maria Nuova di Firenze alle salutari e benefiche cure dell'aria e dell'acqua marina negli ospizi marini gratuiti dei bagni di Livorno. Il medico livornese Gaetano Pini nel 1873 dette vita ad un istituto - quello poi a lui dedicato - per le cure della tubercolosi con la balneoterapia. Egli sosteneva che: "L'acqua fredda stimola la circolazione, la vivacità e il tono muscolare, cura la epistassi e emottisi." "Ogni malattia" - le malattie nervose, cutanee, "ingorghi uterini" - veniva curata con la balneoterapia, la ginnastica correttiva, la somministrazione di ferro e olio di fegato di merluzzo.
A Livorno i bagni si erano sempre fatti dovunque: sul litorale, nelle darsene, nei fossi, nei canali dei lazzaretti, al Marzocco. Ma i primi stabilimenti balneari sorsero per l'aristocrazia: così fu per quello, "Lo scoglio della regina", di Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone; quello della moglie di Napoleone ai bagni dei Cavalieri, preso i futuri Pancaldi. Seguirono quelli per la borghesia in concomitanza con la nascita della villeggiatura marina: i Bagni Palmieri, la cui rotonda fu eternata da G.Fattori, dove soggiornarono Lamartine, Dumas, Hugo.
Dopo i primi bagni entro tinozze, di legno o di marmo, dalla prima metà dell'800 nacquero stabilimenti con cabine di legno su palafitte; così erano, fino a questo secondo dopoguerra "I bagni dei casini d'Ardenza", "I Pejani", dove soggiornava la migliore aristocrazia italiana. Anche in Francia diventarono famosi i bagni di Livorno (v. "I bagni a Livorno" di Piero Frati, in "La strenna dei livornesi" a cura di Vittorio Marchi, op.cit. pag.233).
2.2.2. I "Bagni Paolieri".
Il gran merito di Giovan Battista Paolieri, personalità "irrequieta" - come dice il figlio l'ing. Umberto, oggi centenario ma dalla memoria fresca e vivace -, bisognoso di sfogarsi nella pittura e nella fotografia per la quale meritò lusinghieri riconoscimenti - il suo cospicuo archivio di foto su lastre di vetro 10x15 dei primi del'900 andò interamente distrutto durante la seconda guerra -, non fu solo quello di "scoprire", al suo arrivo nel 1908, Quercianella; ma, una volta stabilitosi nell'anno successivo, il 1909, dopo aver comprato il podere dei Marchionneschi di Guardistallo, di trasferirvi la già consolidata cultura livornese dei bagni marini.
In quegli anni non era ancora acclarata la qualifica di Quercianella come di stazione balneare e dunque estiva. Anzi, lo stesso Paolieri vi giunse, presto seguito da parenti e amici, da Casole d'Elsa, in provincia di Siena, dove possedeva un podere, per curasi l'asma in ragione della insorgente fama di Quercianella quale stazione climatica. Fama del resto meritata se medici fiorentini continuano ancor oggi a consigliare l'aria di Quercianella per la cura di malattie broncopolmonari. Nella citata guida del Vigo (pag.9 e 14 op. cit.) è, infatti, scritto, con lungimiranza ancor oggi preziosa per meglio definirne il futuro, che "Quercianella per la posizione sua sarebbe stazione d'inverno. Riparata perfettamente dai venti gelidi del settentrione, ed esposta al sole sotto il diretto e benefico influsso dell'aria marina; essa non ha invidia ai luoghi più temperati della riviera ligure perché la temperatura media giornaliera nella stagione invernale è di alcuni gradi più alta di quella di Livorno, ed il clima, perché meno umido. Quercianella è destinata a diventare un luogo di deliziosa villeggiatura quando la ferrovia Livorno-Vada ne avrà diffuse le bellezze naturali."
Il posto prescelto dal Paolieri, il migliore e forse anche l'unico del tempo dalla punta del Romito a Chioma, - l'altra idonea insenatura, quella del Rogiolo, era occupata dallo stabilimento del cementificio più lontana e di minor agevole accesso - appare ancor oggi quello più adatto all'installazione di uno stabilimento. Aperto ad entrambi gli scenari della costa, così diversi quella a nord, con la fiera mole di Castel Sonnino, col suo fascino da romanticismo tedesco, e quella a sud, con la costa bassa e degradante fino a Castiglioncello, così neoclassico, dolce e aperto, che, col bel tempo, si completa con la visione dell'intera corona dell'arcipelago toscano.
I Bagni Paolieri furono costruiti nel 1911 (pag. 12 op. cit.), non su palafitte come il Pejani dell'Ardenza, allora di moda, ma, data l'irruenza del mare, su un basamento di cemento lungo l'insenatura e con cabine di legno, coperte di stipa (prima che venissero ricostruite in muratura), o, come è scritto in una corrispondenza di Giulio Bucciolini sulla Nazione del giugno del 1913 "coi camerini sulla spiaggia, all'uso ligure". Del resto G.B. Paolieri andò a Nervi per documentarsi e capire come imitare la riviera ligure. Così è nelle numerose fotografie riportate nel libro del Ciompi che ne attestano anche i successivi mutamenti.
G.B. Paolieri fece venire dal senese un cementista abile nel fare i tronchi d'albero in cemento, per abbellire i vialetti circostanti l'ombroso accesso ai bagni.
Non daremo conto in questa sede delle modifiche apportate ai bagni lungo quasi un secolo, compresa quella del ristorante, "Lo Scugnizzo", che da qualche decennio fornisce ristorazione, con misura e rispetto della tipicità dei Bagni; ci limitiamo a rilevarne la continuità nel tempo della morfologia e dello stile.
Sopra la superstite grotta con capelvenere posta all'ingresso c'era il piccolo osservatorio termo-udometrico istituito nel 1917, su sollecitazione dello stesso Paolieri tramite l'Università di Pisa, dal R.Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica di Roma (v. foto a pag.14, op. cit.), a conclamare la bontà del clima balsamico di Quercianella. La gestione dell'osservatorio obbligava ogni mese a trasmettere i dati rilevati.
I "Bagni Paolieri" hanno rappresentato, come è attestato nella preziosa e numerosa documentazione per la storia del costume, riportata dal Ciompi, il centro e il fulcro della vita di Quercianella. Modello originario, e quindi mitico, ancora esclusivo di una classe sociale, della fase nascente della villeggiatura marina, non ancora di massa ma non più aristocratica, quella tra le due guerre mondiali o, in termini di storia politica, quella del fascismo.
Frequentato da liberi professionisti, alti funzionari della Pubblica Amministrazione, alti ufficiali, da artisti - i pittori Galli, Guglielmo Micheli, Giulio Cesare Vinzio, R.Gambogi, Ruggero Focardi, Bruno Piccinelli, lo scultore Valmore Geminiani, lo scrittore Umberto Bargoni, lo scrittore Riccardo Marchi, lo scenografo Virgilio Marchi, lo storiografo Adolfo Oxilia, il pittore, scultore e letterato viareggino Lorenzo Viani, lo scrittore Pea, il poeta fiorentino Tirinnanzi, lo Stecchetti (v.pagg.64-5 e 83, op. cit.). La maggior parte dei quali provenienti da Firenze e da Siena, ma anche, come Viani e Pea, dalla Versilia.
Ovviamente non tutti frequentavano i Bagni Paolieri. Prima che venissero costruiti gli altri stabilimenti balneari, quello del Rogiolo, di Chioma e, ultimo di tempo, il Tirreno, parte dei villeggianti godeva e gode tuttora di altri accessi al mare, primo tra tutti quelli del "Calloni" anch'esso con alcune cabine in muratura. Per lo più, accessi privati, riservati ai possessori della tante villette, pensioni e alberghi, istituti religiosi, affacciati sul mare, consentono lungo ripide scalette di giungere fino agli scogli, anche se non sempre di agevole balneazione per quanti non possono agevolmente raggiungere l'acqua alta.
La piacevolezza di Quercianella in tale periodo era tale da farne una vera "perla" la cui bellezza affascinava tutti, anche molti artisti come abbiamo già detto. Fu un periodo florido, che ha segnato la memoria di un'epoca di spensieratezza e di vivacità; quando vi si arrivava si avvertiva "il profumo rilassante delle vacanze".
Quando il sabato arrivava il "treno lungo", a causa del numero di carrozze supplementari necessarie a trasportare i babbi che tornavano in famiglia, pieni di fagotti, era una festa, la festa del paese; vi accorrevano tutti con i bambini piccoli in collo, quello che con l'espressione di una volta, era detto un vero tripudio.
Le contadine gabbrigiane, così care alla poetica macchiaiola, scendevano in paese e passavano, con i loro panieri, di casa in casa per vendere i frutti della terra.
La storia, o meglio la cronaca di quel periodo, legata come era all'inizio storico delle ferie estive dei lavoratori, istituite negli anni 1927-8 con la nascita delle Corporazioni e con la nuova legislazione del lavoro, confluiva nell'unico stabilimento balneare dei Paolieri. Luogo che, preservato nel suo originario fascino, ancora ci permette di ricostruire la storia del costume di un'intera epoca, nei tanti diversi aspetti particolari delle tradizioni, degli usi, della cultura del tempo, che di per sé meriterebbe una separata considerazione. Epoca di cui si colgono nelle testimonianze della memoria e di quelle fotografiche, i segni della rapida innovazione tecnologica: la radio, il fonografo, le automobili, il telefono; ma ancora fortemente connotata da una cultura umanistico-letteraria e figurativa strettamente simbiotica all'idilliaco tempo di una natura e di un paesaggio ancora ottocentesco, nella cui percezione confluivano influssi vari di tardo-romanticismo, di decandentismo, del primo espressionismo. Così la pesca, la caccia, le scampagnate, le commedie (di Nino Oxilia e di Dario Niccodemi), i passatempi, i giochi, le gare, le feste col frequente ricorso alle carole, alle poesie (v. quella del A.G. Petri a pag.89, op.cit.) per descrivere con galanteria ottocentesca la bellezza di donne e di luoghi, di quanto serviva ad allietare il tempo della vacanza. Tutto contraddistinto da ritmi e modi oggi travolti dalla "velocità che sa di bruciato", e che solo nella storia "grande" assumerebbero il loro giusto rilievo.
L'ameno e ridente villaggio, la colonia bagnante, con le tante altre espressioni linguistiche così frequenti anche nel giornalismo dell'epoca, ben ci aiutano a caratterizzare, insieme alla componente sociale dei villeggianti (dei cui nominativi nel libro di Ciompi sono riportati lunghi elenchi), le tipologie edilizie della prima fase, ma anche la forza e la debolezza della Quercianella di allora.
L'incremento del corredo fotografico del bel libro di Ciompi potrebbe dar vita alla costituzione di un archivio fotografico - la cui classificazione tematica sarebbe fonte di interessanti considerazioni storiche - mediante scannerizzazione e trasferimento su base informatica, di quanto è in possesso agli abitanti di Quercianella e alla loro memoria fotografica di famiglia. Un archivio che, nel documentare gli aspetti visivi della storia di Quercianella, potrebbe essere di per sé un primo significativo esito dell'iniziativa che la Pro Loco ha avuto promuovendo questo nostro lavoro.
2.2.3. Il bagno del Rogiolo.
Nel dopoguerra, cessate le attività estrattive di cava degli Orlando, dopo un intervallo durante il quale la baia del Rogiolo fu di fatto utilizzata "privatamente", la Capitaneria di porto di Livorno e la Commissione edilizia del Comune, per le parti di rispettiva competenza, agli inizi del '70, autorizzarono, nonostante l'opposizione dell'ennesimo comitato locale, la destinazione a balneazione pubblica e la costruzione dell'attuale stabilimento balneare, col vincolo al costruttore e gestore di realizzare la breve passeggiata lungo il mare fino al porticciolo. L'insenatura del botro, con la sua splendida vocazione paesistica, fu così recuperato alla destinazione pubblica e alla fruizione turistico balneare.
Non diversa sorte ha avuto il porticciolo turistico di Sonnino, anch'esso di fatto utilizzato come "spiaggia libera" da un turismo giovanile che mai si è arrestato di fronte ai deboli "offendicula" più volte messa a tutelarne l'uso privato.
Col cessare dell'attività industriale della cava e l'inizio del turismo di massa, si è concorso a porre fine alla straordinaria e mitica ricchezza della fauna e flora marina che aveva caratterizzato fino ad allora l'insenatura: ricci, aragoste, cernie e corallo, patelle, cozze, di quanto ancor oggi, con struggente nostalgia, parlano i vecchi quercianellesi. E' difficile pensare di poter preservare una risorsa naturale senza adeguati strumenti e senza una politica chiara, coraggiosa e lungimirante.
2.2.4. I bagni Chioma e Tirreno.
Non c'è molto da dire su questi due ultimi giunti, figli del loro tempo, documenti tangibili del vittorioso moderno turismo di massa: la loro "povertà" non è soltanto conseguenza della restrizione e/o esaurimento dello spazio disponibile a fronte di una crescente domanda di balneazione, ma anche di quanto decresca, in relazione alla qualità di sistema o del tutto, la qualità della parte, se le amministrazioni pubbliche competenti assecondano piuttosto che indirizzare e guidare il processo spontaneo che è sempre volto al profitto. Impietosi raffronti (v. la foto dei barconi l'uno all'altro legati alla foce del Chioma, a pag.66 op. cit.) non servono quando sono fuori da un contesto di razionalità critica e progettuale al cui centro c'è l'uomo e il benessere della natura e della collettività.
Ciò che a noi pare "povertà", tuttavia, non è riferibile ovviamente alle strutture in sé, ma è relativa al contesto, a ciò che avrebbe potuto e dovuto essere: vuoi a causa della mancanza di spazi "vitali", per parcheggio, servizi, e per la stessa sicurezza della viabilità; vuoi per la perdita dei significati percepibili nel contesto precedente e in una diversa cultura della natura e del paesaggio.
Abbiamo già fatto riferimento al clima culturale che si viveva ai Bagni Paolieri fino agli anni '30, agli artisti, letterati, anche importanti come Viani e Pea, che li hanno frequentati o che sono "passati", anche successivamente, da Quercianella; ma l'unico "gruppo" che, coniugando l'amore per il luogo con le arti figurative, la poesia, la narrativa o il teatro, ha vissuto un radicamento profondo con questa terra è quello che lo scrittore livornese Riccardo Marchi ha chiamato "I poeti di Chioma". Vi fecero parte il pittore Giulio Cesare Vinzio, lo scultore Valmore Geminiani (autore di un monumento a G.Fattori), il pittore di S.Fiora Memo Vagaggini, l'architetto Virgilio Marchi, scenografo famoso di cinema e di teatro, il preferito da Pirandello, che, alla Fattori, pitturava sempre una barca arenata sui sassi e bovi sulle sponde del Chioma - fratello di Riccardo e zio di Vittorio, giornalista, storico e profondo conoscitore di Livorno, della sua economia e delle sue tradizioni, narratore anch'egli, e testardamente radicato alla sua amata Quercianella - Vieri Nannetti, naturalista e poeta, Adolfo Oxilia, poi direttore della rivista cattolica "L'ultima", Ferdinando Tirinnanzi poeta e commediografo, lo stesso pittore, scultore e scrittore Viani. Si gloriavano chiamarsi "vili sentimentali" così come, con disprezzo, Marinetti, fondatore del Futurismo, aveva qualificato Vieri Nannetti. (v. "I poeti di Chioma", a pag.119 di "Racconti Livornesi" di Riccardo Marchi, Editrice Nuova Fortezza).
Essi negli anni '30 hanno abitato umili casette sopra la foce del Chioma, e più dei "Bagni Paolieri" amavano frequentare la foce del torrente, attratti dall'allora stupenda, selvatica natura della foce del rio, fatta di canne palustri, alghe affioranti, rane, uccelli. Non cenacolo come quello dei macchiaioli intorno a Martelli unito su uno stesso manifesto poetico, su un medesimo linguaggio pittorico; ma convivio itinerante che si ritrovava nella bellezza del luogo e nella poesia e che in questa, di fronte al presagio incombente della guerra, sentiva di "salvarsi", cristiani com'erano, "forti e sereni nella gloria di Roma, non quella allora di moda, ma quella di Cristo" .
3. L'edificazione abitativa lungo la ferrovia verso il Chioma.
Se Castel Sonnino e i Bagni Paolieri furono l'espressione dell'idea generatrice di Quercianella, solo con la realizzazione della ferrovia e della stazione nel 1910, essa ebbe le "gambe" ed iniziò la sua storia moderna. Fu la ferrovia ad avviare la prima fase della sviluppo edilizio; così come fu la restaurata viabilità nel dopoguerra con il relativo tumultuoso sviluppo della motorizzazione automobilistica a determinare la seconda e definitiva e attuale crescita edilizia e abitativa del paese.
Certo si tratta sempre di concause; a quelle infrastrutturali, come la stazione ferroviaria, vanno sempre aggiunte quelle socioculturali. Solo i mutamenti sociali, infatti, e la nascita delle ferie dei lavoratori e lo sviluppo delle vacanze estive balneari, ossia la domanda, permise che la stazione, cioè l'offerta, incentivasse gli investimenti nell'edilizia, in un'epoca nella quale l'unico mezzo di trasporto su lunghe distanze era, di fatto, ancora il treno. Ma neppure la stazione avrebbe sortito effetti così rapidi, come non fu nei secoli per altri fattori di sviluppo, se non ci fossero stati i grandi pregi naturalistici, ambientali e climatici di una località di cui tutti si innamoravano all'istante. Basta leggere le molte lettere e corrispondenze giornalistiche dell'epoca, riportate nel libro del Ciompi, per comprendere, con l'essenza, anche la storia di Quercianella.
La prima stazione fu il centro motore moderno dei successivi insediamenti. Priva di una piazza con i tradizionali insediamenti frutto di una sedimentazione storica, fu, infatti, intorno alla stazione e partendo da essa, come involontaria direttrice strutturale, che crebbero ben presto i diversi insediamenti residenziali e di servizio che dagli anni del primo anteguerra (ma non diverso fu il tono nel dopoguerra, dagli anni '20 ai '30), avevano fatto dire al giornalista Giulio Bucciolini sulla Nazione dell'agosto 1913 che "rare volte mi è successo di vedere un paese sorgere e prosperare con tanta rapidità"; tanto da fare di un "cantuccio ignorato e nascosto" una "ridente stazione climatica", apprezzata per il clima balsamico del suo abitat.".
Ancora Bucciolini così scriveva: "Quercianella non la riconosco. E' cambiata in modo inverosimile. E' più graziosa, più vispa e carina, più elegante, ha un aspetto di dolcezza e di pace da stupire …". (v. pag.11-15, op. cit.)
Il primo a costruire fu il Ferri, che dette inizio, lungo l'Aurelia, allora denominata ancora via del Littorale (come da Antignano), allo sviluppo edilizio verso Chioma. La strada rimase a lungo sterrata e la sua polvere sapeva di salmastro; aveva alberi solo da una parte, quella a monte, e sui loro rami, d'estate, miriadi di cicale cantavano senza pausa un assordante concerto. Questo tratto di strada, nel 1949, fu denominata Mario Puccini a ricordo del pittore nato a Livorno nel 1869 e morto a Firenze nel 1920.
L'ing. Bacherini costruì lungo via M. Puccini tre villette, la sua personale è riportata in una foto (v. pag.58, op. cit.), una delle tre fu poi bruciata durante il fascismo per essere egli in fama di antifascismo, e dette così inizio agli insediamenti verso Chioma, poi completati nel secondo dopoguerra. Altri costruirono verso i Bagni Paolieri e la c.d. passeggiata a mare, lungo via Pascoli, già Rosolino Orlando, (Pag.54, op. cit.) e quella parallela, via Macchiaioli, fino al mare, alla villa Lubrano, riportata in una bella foto del 1914 intitolata "Navigare necesse est" (v.pag.49, op. cit.), prima che venisse distrutta e riedificata dall'ing. Ciurlo, ma che lo stesso Lubrano ricostruì a sinistra del torrente (attuale Villa Verde oggi utilizzata come ristorante), al villino Lenzoni (foto a pag.52, op.cit.) oggi sovrastante il porticciolo, e un po’ più in alto il villino Martelli (v. pag.55, op. cit.), e Villa Jana.
Il Gower aveva già costruito il Castel Boccale e l'altra villa in Quercianella poi venduta all'istituto delle suore Mantellate e da loro completamente riedificata. Egli ne costruì un'altra in via C. Colombo, sulla strada che, deviando dall'Aurelia, allora scendeva verso la foce del Quercianella; una volta degna di essere visitata per la raccolta di opere d'arte di sommo pregio, anche del Rinascimento (pag.10, da P.Vigo, op. cit.), espressione di un gusto collezionistico omogeneo a quello dello stile architettonico neogotico, in voga al tempo in tutta Europa, della vicina villa Jana.
In generale, si trattava di villette fatte costruire da dirigenti e funzionari della Pubblica Amministrazione, liberi professionisti, imprenditori, alti ufficiali, e anche da aristocratici; una classe sociale proveniente, salvo qualche livornese, da Siena e in minor misura da Firenze. Da ciò, forse, l'accento che fino a non molti anni fa era stranamente poco livornese.
Altri hanno costruito o fatto costruire vendendo piccoli lotti: i Ferri, i Paolieri, i Nigra, i Lucchetti, i Lubrano, i Bizzarrini, i Lami, ed altri ancora. Importante la presenza degli Orlando, i fondatori dei cantieri di Livorno e di altri stabilimenti industriali, amministratori pubblici - Rosolino fu anche apprezzato sindaco della città - e del suo parente, Kaiser Parodi, la cui villa è a monte dell'incrocio per il Rogiolo e che fu un autorevole esponente della Croce Rossa nel primo dopoguerra. Ad essi fu dedicata la strada che seguiva il percorso del vecchio sentiero o mulattiera per il Castellaccio e per Montenero. Sulla stessa via Parodi fu costruita, negli anni '30, sulla destra dopo la seconda curva, la villa di Aiello, allora il federale di Livorno.
Le casette dei pochi operai del paese si trovavano nell'ultimo tratto dell'allora ancora via del Littorale verso Chioma; tra esse un edificio popolare di maggiori dimensioni, detto "Il casone", l'unico che fu bombardato e parzialmente distrutto, durante la guerra, nel tentativo andato a vuoto degli aerei alleati di colpire la ferrovia.
Per quanto attiene agli esercizi commerciali, sia per il numero limitato di residenti stabili, sia per le difficoltà del rifornimento del generi alimentari e della loro conservazione, almeno fino allo sviluppo e alla diffusione della motorizzazione, pochi furono i negozi. Al pescato, freschissimo, ci si rivolgeva ai pochi pescatori del luogo. La carne, invece, veniva da Montenero, col barroccio, sotto stanghe di ghiaccio, del nonno, Ruffo Razzauti, dell'attuale esercente, prima che egli costruisse l'edificio, ove ha ancora sede la macelleria, e si rifornisse col camion dopo aver personalmente comprato al mercato la bestia viva e dopo averla marcata con le sue iniziali, R.R., per evitare che fosse scambiata.
La scarsità del rifornimento, del resto, in epoca di vendita "sfusa" dei prodotti, alimentari e non (vedasi il riferimento alla esiguità dei prodotti farmaceutici in vendita nella prima farmacia), aggiunta ai limiti posti dalla disciplina del commercio, prima della parziale e lenta "liberalizzazione" del dopoguerra attraverso l'ampliamento della gamma dei generi vendibili, ha per molti anni caratterizzato e condizionato la "spesa quotidiana".
4. Le pensioni.
Altri ancora, già della prima guerra mondiale, edificarono alcune pensioni: la prima, la pensione Leoni (attuale Hotel Margherita), la villa Lucchetti, anch'essi senesi (antistante il vecchio passaggio a livello e oggi trasformata e divisa in appartamenti), la pensione "La Quercianella", la pensione Ferri, oggi "Fiammetta", la pensione Leoni, le pensioni, Barontini Emilia e Barontini Pilade (oggi ristorante "Il Calesse"), la pensione Calloni. C'erano anche diversi villini ed appartamenti che venivano dati in affitto (v.pagg.59-65, op. cit.). La pensione Quercianella (con foto a pag.46-7, op. cit.) ha mantenuto tale destinazione fino alla sua attuale destinazione a sede di farmacia, Essa era assai nota anche grazie alla famosa trattoria del Turini, i cui tavoli erano posti anche sulla strada di via del Littorale, allora quasi deserta. Da lì si curvava verso il mare per attraversare il passaggio livello e proseguire lungo l'Aurelia tra la ferrovia e il mare.
Quercianella, nel 1921, subito dopo la scissione del PSI e la nascita del PCI, riuscì ad eleggere il Turini, come consigliere comunale del Psi, col sindaco Mondolfi.
Insieme di pensioni e trattorie che offrirebbero, tra l'altro, grazie a ciò che resta dei loro archivi familiari, l'opportunità di ulteriori, preziose ricerche, tra l'altro per stabilire, pur nella presumibile incompletezza delle fonti, attraverso il luoghi di provenienza degli ospiti iscritti nei registri delle presenze, le dinamiche della domanda turistica.
Il numero di pensioni sorte nel primo decennio di vita di Quercianella come stazione turistico balneare, misura il carattere esplosivo di un fenomeno che ha mantenuto alcuni dei suoi originari caratteri. Un insieme, fin dall'origine, dalla comune caratteristica strutturale: non un solo grande albergo, tutte pensioni, ad eccezione di villa Lucchetti (35 camere, 45 letti), con un numero di stanze da 6 a 9, con un numero di letti da 6 a 17. Una struttura ricettivo alberghiera che, sia pure rapportata al periodo di riferimento, l'anno 1932, era, come lo è ancor oggi, incapace di favorire un turismo di massa. Che ciò sia un pregio e non un difetto, per la natura e la qualità delle "risorse turistiche" e per i limiti strutturali che caratterizzano il territorio, appartiene all'opinabile e ad incognite non ancora risolte ma assolutamente da chiarire per il futuro di Quercianella.
5. Gli istituti religiosi.
Numerosi sono gli istituti di diversi ordini religiosi che colsero negli anni del primo dopoguerra l'occasione di costruire nel tratto più pregiato, lungo via M.Puccini, cioè sulla costa prospiciente il mare, la sede idonea alla vacanza estiva delle consorelle, cui ovviamente era necessario una certa "privacy", come oggi diciamo, e una possibile scesa diretta al mare per la riservatezza del bagno marino. Sulla consistenza della presenza estiva e sul suo evolversi nel tempo non disponiamo di dati statistici, pur sempre interessanti (presenze poi diventate anche maschili e volte all'accoglienza di varie categorie di bisognosi).
Tra essi comprendiamo: la Villa Maris Stella delle suore Vincenziane che d'estate accolgono per ritiri spirituali, preti, suore, ragazze, specie provenienti dall'Italia centrale; le Suore Santa Caterina di Firenze; le Suore Passioniste di Signa che danno assistenza a ragazze e donne in difficoltà, già presenti nel 1919 (v. pag.87, op. cit.); le suore Francescane nel convento attiguo la chiesa di S. Francesco; le suore di Careggi che recentemente hanno acquistato dalle suore passioniste una casa ad esse vicina.
Citiamo, come dato interessante per la comprensione storica del turismo locale, il fatto che a questi istituti i corrispettivi enti della Toscana inviavano "i loro giovinetti per la cura dei bagni e a passare le vacanze", in particolare il prestigioso Regio Istituto delle Mantellate (pag.38, op. cit.), ma quando le loro famiglie venivano a visitare i figli, non riuscivano a trovare accoglienza nelle strutture di ricezione alberghiera. "Le famiglie che vengono a vedere le figlie ammirano le bellezze naturali di Quercianella, ne gustano la felicità del soggiorno, ma con delusione non possono rimanere perché Q. non ha locali per contenere i richiedenti un alloggio. E sono tornato così al punto di partenza, ch'è del resto il problema più assillante di Quercianella e sul quale invitiamo l'attenzione di quanti hanno a cuore le sorti e la prosperità del nostro comune."
Così era scritto sul giornale La Toscana del 13 agosto 1919! (pag,87, op. cit.). Proposizione di un tema che oggi forse è vissuto e visto in modo diverso, ma che non di meno presenta una perdurante attualità.
L'istituto delle Mantellate accoglieva come ospiti provenienti dall'esclusivo omonimo convitto femminile di Firenze, circa "100 signorine delle migliori famiglie italiane cui sarà affidata la missione di madri cristiane d'Italia" (pag.38, op. cit.). Esse già frequentavano Quercianella, presumibilmente ospiti altrove, se sono citate nell'articolo del La Nazione del 1 agosto 1911 relativo all'inaugurazione della chiesa di S.Anna (pag.36, op. cit.) L'edificio dell'Istituto fu costruito nel 1922 sul terreno o sulla villa dei Gower; non sappiamo dove così tante e importanti signorine andassero a fare il bagno. Lo possiamo dedurre dalla polemica riportata su Il Corriere di Livorno e sul Il Telegrafo rispettivamente del 15 e del 20 luglio 1920, circa un muro, "dannoso sconcio", che le suore avevano costruito al di là del ponte di Quercianella, presso la villa Lenzoni, esattamente là, prima del porticciolo, dove oggi c'è la spiaggia libera.
Alla fine del '900, dopo lunga controversia legale, il possente edificio delle Mantellate ha subìto l'ennesima trasformazione in numerosi miniappartamenti condominiali a dimostrazione di quel processo in precedenza qui descritto di continua e rapida trasformazione edilizia e sociale, con effetti di non poco conto sul mutamento del rapporto tra domanda e offerta turistica.
In prossimità del "casone" esistente presso la foce del Chioma e distrutto dai bombardamenti, e ricordato in precedenza, fu poi costruito da Don Nesi il villaggio della Madonnina del Grappa, famosa istituzione assistenziale per gli orfani di guerra fondata a Firenze da Don Facibeni. Don Nesi, ex industriale laniero, divenuto sacerdote, vendette l'azienda e con i proventi, in parte donati alla Madonnina, costruì sia la parrocchia, la scuola e la palestra del quartiere di Corea a Livorno, sia il villaggio vacanze, sulla punta del Chioma.
6. Le due chiese: S.Anna e S.Francesco.
La chiesa parrocchiale di S.Anna, inizialmente era parte della parrocchia di Montenero; tanto che furono i monaci di quel santuario a volere l'erezione di una chiesa in Quercianella per provvedere all'assistenza spirituale della frazione in previsione del suo sviluppo.
La chiesa fu inaugurata il 26 luglio 1911 e dedicata a S.Anna, come è attestato dal bel quadro di S.Anna seduta con ai piedi Maria giovinetta sullo sfondo di una calma di lago; è opera del pittore G.Roli del 1925.
La sua inaugurazione è riportata dal La Nazione del 1 agosto 1911, con un bel articolo, interessante documento storico, descrittivo di Quercianella all'epoca e dei protagonisti.
Al servizio religioso furono incaricati i PP. Francescani che già fungevano da Cappellani della Parrocchia di Montenero. Questa situazione durò fino all'anno 1932, quando l'Abate di Montenero mandò il padre Colombano Santini a prelevare dai PP. Francescani la gestione della chiesa che da allora cominciò a funzionare come Parrocchia indipendente ed ebbe il riconoscimento del Vescovo con la nomina a Parroco di Padre Colombano, e al cui finanziamento pensarono i frati di Montenero.
Padre Colombano nel 1938 andò a Vallombrosa come Priore. Nel 1951 tornò a Quercianella.
L'erezione in Parrocchia è avvenuta con decreto vescovile il 1 maggio 1943.
A S.Anna si sono succeduti i seguenti Cappellani e Parroci: 1922, 21 dicembre Salvatore Fabbri, Cappellano Curato; 1929, 1 luglio, Padre Cornelio Poggi, Cappellano Curato; 1936, 1 aprile, Padre ColombanoAnnibale Santini, Cappellano Curato; 1947, 20 marzo, Padre Fulgenzio Ubaldo Landi, Parroco; 1948, 17 gennaio, Padre Ermanno Osvaldo Lunardi, Parroco; 1951, 1 ottobre, Padre Colombano Santini, Parroco, rinuncia il 31 agosto 1961; 1961, 1 settembre Padre Fedele Giorgio Luzi, rinuncia il 1 luglio 1966; 1966, 12 luglio Padre Angelo Pietro Bertoccini, Parroco, rinuncia il 31 agosto 1979; 1979, 1 settembre Don Luciano Farnetani, Parroco; 1987, 16 luglio, Don Giuseppe Ferrari, parroco di Nibbiaia,, amministratore parrocchiale; 1987, 21 settembre, don Mauro Peccioli, Parroco; 2001, 16 novembre, Don Pietro Basci, Parroco.
S.Anna è una deliziosa testimonianza di un'architettura semplice, ma luminosa, intima e raccolta. I nominativi iscritti sulle targhette di donazione di banchi forniscono, secondo la tradizione devozionale, un elenco significativo dei "notabili" del luogo.
La sua collocazione testimonia di un'epoca nella quale il traffico automobilistico era inesistente, e quindi di una ben diversa scala di valori nelle scelte localizzative degli edifici pubblici e privati, secondo cui l'affaccio sulla strada, e ancor più sulla Aurelia, non poteva che essere garanzia di una più visibile, importante e facile accessibilità. Divenuta, tuttavia, ben presto ennesima testimonianza dei vincoli o lacci che hanno segnato Quercianella, schiacciata com'è tra ferrovia e Aurelia.
L'archivio parrocchiale, ancora integro e presente a partire dal 1911, suddiviso in quello dei battesimi, dei comunicati, dei cresimati, nonché dei matrimoni e dei morti, in corso di informatizzazione, costituisce una preziosa fonte per possibili e auspicabili ricerche, non solo demografiche, di storia della comunità.
La parrocchiale si aggiunse all'altra chiesa di S.Francesco, il "conventino", costruita dai padri francescani in stile neogotico nel 1884 su progetto dell'arch. Dario Giacomelli e su disegno di Fra Bernardino di Gaiole. La sua facciata è rivolta verso il mare poiché dietro ad essa, dalla parte dell'abside, non c'era ancora la variante dell'Aurelia fatta verso il 1955, ma solo bosco. Inizialmente sull'altare laterale "in cornu evangelii" c'era una immagine della Vergine di scuola fiorentina del '400 (di cui non sappiamo più nulla). Essa, in verità, pur restando un po' negletta, quasi nascosta oltre la attuale stazione ferroviaria a cui ancor oggi si accede, meriterebbe un sua valorizzazione.
La storia di questa chiesa è illustrata da P.Vigo in "Montenero, guida storico-artistica-descrittiva", in Livorno tip. Gius. Fabbreschi 1902 (v. pag. 9 e 10, op. cit.) Vi si legge, tra l'altro: "Che P. Andrea da Quarata e il P. Ermenegildo da Chitignano, celebri missionari dell'Incontro, venuti a fare le missioni a Livorno, mostrarono il desiderio di avere nella diocesi un convento o almeno un ospizio di Frati Minori Riformati. Scelsero il sito amenissimo e pacifico di Quercianella. Ma la costruzione della chiesa fu interrotta perché parve poi loro inadatta per nessuna ragione. Poco dopo scelsero il sito di proprietà del Lami su cui costruirono un "ospizio marino" - come è scritto sulla lapide marmorea posta sopra la porta - con un bel orto e l'elegante chiesetta tutta circondata da folte boscaglie e da qualche luogo coltivato."
7. La scuola
La scuola elementare di Quercianella fu istituita nel 1886 (A.C.L. archivio comunale di Livorno Prot. Delib.134, n.160). Aveva sede nell'edificio oggi adibito ad Ufficio Postale e ad ambulatorio per il "medico di guardia"; già sede anche della "Condotta medica" e del "Consiglio di Quartiere" (le targhe in marmo di queste due vecchie destinazioni dovrebbero essere mantenute in loco come documento "storico").
Ha funzionato con alterne vicende, seguendo l'andamento demografico della popolazione residente e nel dopoguerra attraverso le c.d. pluriclassi. Fino al 1990, nella sede di via P.Nardini, limitrofa a p.za G.Fattori, c'era la scuola elementare Lombardo Radice (grande pedagogista, figlio del prof. Lombardo Radice già presente sui Paolieri negli anni venti - v. foto a pag.88 del Ciompi) con tre aule e con tre insegnati, e fino al 1990 ci sono state le pluriclassi, salvo un breve intervallo a causa della presenza di numerose famiglie di accademisti che resero necessaria l'apertura di due classi presso l'istituto Maris Stella. Parabola demografica presto abbassatasi fino al punto da rendere necessaria la chiusura nel '95/96 e la sostituzione con una scuola materna.
Gli alunni oggi si iscrivono alle scuole più vicine, quella di Antignano o di Castiglioncello.
La sede della scuola materna ospita, come già detto, le attività del Centro Socio Culturale Quercianella.
8. Le farmacie
La farmacia, alla continua ricerca della sede più idonea, potrebbe ben attestare uno dei caratteri di Quercianella, la goldoniana "smania della villeggiatura". La prima fu quella del Dr. Jacopucci, posta in un edificio oggi di civile abitazione in via M.Puccini lungo la ferrovia: spoglia di medicinali, con barattoli e dalla vecchia farmacopea, olio di ricino, zucchero di latte, foglioline purgative di senna. Jacopucci fu, tra l'altro, promotore firmatario di una cooperativa di consumo in Quercianella, stranamente nata dalla media borghesia. La seconda ebbe sede davanti all'ex passaggio a livello, là dove oggi c'è il negozio di ferramenta. La terza, del Dr. Miliardi, si spostò di fronte alla Banca di Risparmi di Livorno, e recentemente, nell'attuale sede, ove originariamente c'era la pensione Quercianella del Turini.
|